La tragica eredità dell’Industria dell’amianto

Nel XX secolo l’amianto era considerato il «materiale miracoloso» per eccellenza e, per via delle sue proprietà, era utilizzato nei diversi rami dell’industria, quali l’edilizia, il tessile, le costruzioni stradali, la metalmeccanica e l’ingegneria navale. Dopo la Seconda guerra mondiale, l’amianto divenne il simbolo della ricostruzione e rappresentò il motore del progresso.

Accanto a URSS, Canada, Zimbabwe, Sudafrica e Cina, l’Italia, fino al divieto di uso sancito nel 1992, era tra i maggiori produttori di amianto del mondo. Anche nella lavorazione del materiale l’Italia svolgeva un ruolo di punta a livello mondiale. Secondo statistiche pubbliche, in Italia oltre 1000 aziende si sono occupate della lavorazione dell’amianto; annualmente ne venivano utilizzate migliaia tonnellate. Negli anni di massimo sviluppo, l’utilizzo dell’amianto a livello mondiale equivaleva a 5 millioni di tonnellate l’anno. Solo a Casale Monferrato circa 100 fabbriche lavoravano l’amianto. La società Eternit Italia era dunque una delle numerose aziende che si occupava della lavorazione dell’amianto.

Lo stato italiano ha regolato la lavorazione dell’amianto solamente verso la fine del XX secolo: solo nel 1991 il governo ha dato attuazione alle direttive sull’amianto dell’Unione Europea del 1983, vale a dire otto anni dopo la loro emanazione. Queste direttive stabilivano le concentrazioni massime di fibre di amianto ammesse negli stabilimenti industriali. La lavorazione dell’amianto è stata vietata nel 1992, quando gli stabilimenti Eternit italiani erano già stati chiusi da sei anni.

Ad oggi, la lavorazione dell’amianto è vietata solamente in 40 paesi del mondo. Attualmente sono utilizzati due milioni di tonnellate di amianto nella lavorazione industriale, non soltanto nei paesi in via di sviluppo.

La lavorazione dell’amianto causa tragedie umane immani. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità OMS, solo in Europa muoiono annualmente 10'000 persone a seguito di una patologia correlata all’amianto. L’amianto è, dunque, un problema sociale che deve essere affrontato e risolto in una prospettiva di solidarietà collettiva.

Eternit Italia

Per decenni l’industria dell’amianto in Italia è stata uno dei maggiori datori di lavoro. Numerose aziende di vari settori si sono occupate della lavorazione dell’amianto. Una di queste, la società Eternit Italia tra il 1906 e il 1986 ha prodotto tubature, lastre e coperture in cemento-amianto per l’industria edilizia.

La Eternit S.p.A è divenuta una holding con sede a Genova, di cui facevano parte quattro società:

  • Industria Eternit Casale Monferrato S.p.A., con stabilimenti a Casale Monferrato e Cavagnolo
  • Industria Eternit Napoli S.p.A., con uno stabilimento a Bagnoli
  • Industria Eternit Reggio Emilia S.p.A., con uno stabilimento a Rubiera
  • Eternit Siciliana S.p.A., con uno stabilimento a Siracusa

La Eternit Italia fu fondata nel 1906 dall’ingegnere italiano Alfredo Mazza come società per azioni di cui facevano parte numerosi azionisti. Dal 1952 il gruppo Eternit belga ne era il maggiore azionista e anche il gruppo svizzero Eternit compartecipava all’impresa come azionista di minoranza.

Durante la crisi del petrolio nel 1973 la Eternit Italia ha dovuto acquisire nuovo capitale per assicurare la continuazione dell’impresa. A seguito di ciò, il gruppo Eternit svizzero ne è diventato l'azionista principale.

Stephan Schmidheiny non ha mai avuto alcun ruolo nella gestione dell’azienda, né è stato componente del Consiglio d’Amministrazione di Eternit Italia.

Massicci investimenti nella sicurezza

In quel periodo, vi era a livello scientifico un dibattito riguardo i pericoli della lavorazione dell’amianto per la salute umana. Il convincimento diffuso, nel mondo scientifico e nel mondo industriale, era quello che, attraverso opportune metodologie di protezione, fosse possibile un utilizzo sicuro dell'amianto. In questo senso, del resto, si esprimevano anche l’Organizzazione mondiale della sanità, OMS, e l’Organizzazione internazionale del lavoro, ILO.

Proprio al fine di conseguire il risultato di un utilizzo sicuro, il gruppo Eternit svizzero, appena divenuto l'azionista di riferimento, mise a disposizione di Eternit Italia le risorse occorrenti per effettuare massicci investimenti negli stabilimenti italiani, cambiando il processo produttivo da secco ad umido ed introducendo tutti gli apparati di protezione suggeriti dalla migliore tecnica dell'epoca. Questo portò ad una drastica riduzione delle polveri di amianto negli stabilimenti Eternit italiani, tenuti al di sotto dei limiti, che solo molto tempo dopo sarebbero stati fissati per legge.

A causa dei notevoli investimenti per la sicurezza – circa 75 miliardi di lire – Eternit Italia non ha più potuto produrre in modo competitivo; alla fine del 1984 fu messa in amministrazione controllata e nel 1986 fu dichiarata fallita.

Il gruppo Eternit svizzero non ha conseguito, nel periodo considerato, alcun profitto da Eternit Italia.

Il gruppo Eternit svizzero

Il materiale composito cemento-amianto è stato sviluppato dall’austriaco Ludwig Hatschek e brevettato nell’anno 1901. Ludwig Hatschek chiamò la sua invenzione Eternit. Egli conferì una licenza per ogni paese e pretese dai licenziatari che nelle loro aziende attribuissero il nome Eternit ai prodotti e utilizzassero il logo Eternit.

Così, in tutto il mondo sorsero numerose imprese indipendenti tra di loro, che chiamavano i loro prodotti con il nome Eternit. Nel corso del tempo in Europa si sono formati dei grandi gruppi, indipendenti tra di loro, quali, ad esempio, un gruppo austriaco, uno belga-francese e un gruppo Eternit svizzero.

Le origini del gruppo Eternit svizzero risalgono agli inizi del XX secolo. Ernst Schmidheiny investì nel 1905 nell’allora ancora giovane industria del cemento e nel 1920 nella produzione del cemento-amianto. Dopo la morte accidentale di Ernst, avvenuta nel 1935, l'impresa fece capo ai suoi due giovani figli, Max ed Ernst. Essi, fino agli anni Settanta, svilupparono un conglomerato aziendale che possedeva numerose partecipazioni di minoranza in Europa, Sudamerica e Sudafrica, nei settori della produzione di cemento e di cemento-amianto.

Nel 1976, Max Schmidheiny si fece affiancare nella direzione del gruppo svizzero da suo figlio Stephan Schmidheiny. Nel 1984, Max Schmidheiny affidò a Stephan Schmidheiny il settore della produzione di cemento-amianto e, all'altro figlio, Thomas Schmidheiny, il settore della produzione del cemento.

Già nel 1976, Stephan Schmidheiny aveva lanciato un programma di ricerca per lo sviluppo di prodotti privi di amianto. Nel 1981 Stephan Schmidheiny ha annunciato che nel giro di pochi anni sarebbe stata abbandonata la lavorazione dell'amianto. Stephan Schimdheiny ha così anticipato sia la concorrenza e sia la maggior parte delle legislazioni statali. In Svizzera la lavorazione dell’amianto è stata vietata nel 1990, in Italia nel 1992.